Il Paratriathlon esige rispetto! Servono progetti concreti, scelte oculate… e sapere chi è il DT

“Siamo profondamente fieri di far parte della delegazione italiana più numerosa di sempre che andrà a onorare al meglio il body azzurro a Parigi. La strada da percorrere è ancora molta ma sono sicuro che la direzione è quella giusta, un passo alla volta possiamo arrivare a grandi risultati”.

Queste le parole che chiudono le dichiarazioni di Renzo Roiatti, Direttore Tecnico Paratriathlon (mai comunicato il cambio di Direzione Tecnica dalla squadra presentata in pompa magna a inizio 2022 dove era presente Mario Poletti, alla faccia della trasparenza, NDR).

Da un’attenta analisi sui numeri si parla di ovvietà!

Il Triathlon fa il suo debutto paralimpico a Rio 2016 con 6 eventi medaglia e 60 atleti, passando per Tokyo 2020 con 8 medaglie e 80 posti, fino ad arrivare a Parigi 2024 con ben 11 eventi medaglia e 120 posti.

Diventa chiaro come sia stato possibile avere 5 atleti qualificati dal ranking ed 1 invitation, rispetto alle 5 slot ottenute a Tokyo tre anni fa che rappresentavano il 6,25% contro il 5% dell’attuale quota di slot disponibili allocate a queste paralimpiadi.

Non possiamo dimenticare che gli atleti che andranno a “onorare il body azzurro al meglio” lo faranno per loro caparbietà e spirito di sacrificio, visto che alcuni alla vigilia dell’ultima gara di qualifica e ancora in top 9 hanno dovuto pagare le spese di trasferta per inseguire questo obiettivo. “La strada da percorrere” si fa ancora più in salita sapendo che tre dei qualificati, praticamente la metà, è stata lasciata fuori dal ritiro pre-paralimpico perchè non probabili di medaglia. Viene da chiedersi: tutti questi fondi sbandierati a destra e a manca dove vanno a finire? Non di certo sono investiti sugli atleti che vanno alle Paralimpiadi.

379mila euro a cui si vanno ad aggiungere altri 160mila per l’anno in corso, per arrivare a quota 539mila euro che non bastano per permettere agli atleti di seguire un percorso lineare e sereno di qualifica e nemmeno affrontare al meglio la preparazione e l’allenamento con tutto il supporto necessario da parte della Federazione. Per la dignità degli atleti questo è inaccettabile.

Questa Federazione si merita una gestione più trasparente e meritocratica, che ascolti i tesserati, gli atleti, i tecnici, i dirigenti. Che lavori davvero per ottenere il “grandi risultati”, con impegno e supporto, senza sparire quando le acque si fanno agitate e riapparire per sbandierare fuffa al vento.

Una scelta accurata delle gare per gli atleti élite nel Paratriathlon è essenziale ed è uno dei nostri punti chiave nella gestione dell’alto livello, non dimentichiamo che per questo motivo abbiamo lasciato uno se non due atleti fuori dalla Qualifica Paralimpica.
Una figura tecnica di riferimento come il DT in un “triennio” non può essere sostituita così alla leggera: noi imposteremo una programmazione più a lunga gittata e soprattutto tempestiva in base alle esigenze di uno sport così dinamico.
Coinvolgere o meno gli atleti nei raduni dovrà essere chiaro sin dall’inizio, e soprattutto servirà a motivare il confronto ed accrescere il proprio bagaglio tecnico per raggiungere davvero l’alto livello.

Si può #faredipiù, si può #faremeglio e si può #fareinsieme, per essere veramente inclusivi e per dare dignità ai sacrifici che tutti abbiamo fatto, facciamo e faremo per questo nostro amato sport.

Denunciate e debellate chi non vuole il bene del nostro movimento, il 31 agosto venite a votare e se non potete farlo, delegate ricordandovi che il sistema assistenzialistico e clientelare di quest’ultimo triennio è sistema che non aiuta il movimento crescere, è sistema che fallisce in partenza perché non premia il merito e la competenza e non fornisce una visione a medio lungo termine.

Analisi dei risultati di Parigi 2024: appuntamento con la storia ancora rimandato

Anche questa volta, non abbiamo scritto la storia

Perdonateci questa semicitazione, ma analizzando i risultati dell’Italia del Triathlon ai Giochi Olimpici, è la prima conclusione che ci viene in mente.

Abbiamo seguito e incitato i nostri portacolori, da vicino o da casa, abbiamo fatto il tifo per loro in ogni modo e ci siamo anche goduti lo spettacolo che le due prove individuali di Parigi 2024 ci hanno regalato. 

Quando si assiste all’evento più importante del quadriennio, è sempre bello ed emozionante vedere il body azzurro nel gruppo, lo è ancora di più quando lo vediamo in testa, sebbene nelle fasi iniziali delle gare. Però un conto è essere tifosi, un conto è dirigere una federazione e avere la responsabilità dell’area tecnica che ha come missione quella di ottenere il miglior risultato possibile nelle gare di alto livello, in particolare ai Giochi Olimpici.

Ci siamo presi qualche ora, abbiamo smaltito l’adrenalina che ogni Olimpiade regala, e abbiamo compiuto un’analisi dettagliata dei risultati Olimpici dal 2000 a oggi.

Andiamo dritti al punto: i risultati ottenuti dalla Nazionale Italiana di Triathlon sono stagnanti. Ci sono stati due acuti che hanno portato ad altrettanti diplomi olimpici, il 5° posto di Nadia Cortassa ad Atene 2004 e il 7° posto di Alice Betto a Tokyo 2020, ma la media dei piazzamenti degli Azzurri è sempre stata, a grandi linee, equivalente.

Malgrado la narrazione degli ultimi mesi abbia identificato nella giovane età degli atleti uno dei tratti distintivi della nazionale italiana, i numeri danno altre risposte. L’età media degli italiani è di 29 anni (ci sono 11 nazioni che hanno portato almeno 3 atleti a Parigi che hanno un’età media inferiore, il Portogallo 25,2 anni): 2,5 anni in più rispetto ai vincitori (26,5 anni), 0,9 rispetto ai medagliati e alla top-8 (28,1). 

Rispetto a Tokyo 2020, la selezione italiana ha 0,8 anni in più. Tre anni fa c’erano già Pozzatti, Betto e Steinhauser, mentre Seregni e Crociani sono alla prima esperienza olimpica. I nostri due giovani, però, non lo sono in assoluto (ricordiamo che Uccellari fu il più giovane della start list di Londra 2012, 21 anni): Bianca è la sesta più giovane (5 ragazze nate più tardi di cui una 4 anni più tardi), Alessio è il secondo/terzo più giovane (pari merito con McCullough).

Anche sull’approccio dell’area tecnica attuale nei confronti del passaggio da gare junior a élite ci sarebbe ancora tanto da dire, ma ci limitiamo a ribadire che gli atleti élite italiani approdano ai massimi livelli delle competizioni internazionali più tardi rispetto ai coetanei di altre nazioni, in particolare rispetto a quelle di riferimento che non lesinano a schierare atleti poco più che ventenni nel massimo circuito mondiale (Knibb, Tertsch e Waugh, Vilaca, Hellwig, Lehmann, Thorn, Batista e Hidalgo, solo per citare qualche nome).

Se guardiamo al medagliere complessivo delle gare individuali (aggiornato a mercoledì 31 luglio) del triathlon alle Olimpiadi, notiamo come 16 nazioni abbiamo portato atleti sul podio. Tante? Poche? Un solo dato è incontrovertibile: l’Italia non fa parte di questo gruppo. Arrivare a primeggiare al termine di un quadriennio olimpico, fare risultato ai Giochi Olimpici, portare a casa una medaglia o un successo, sono processi complessi e macchinosi, che necessitano di una pianificazione ben definita non soltanto per il breve periodo e una gestione scrupolosa delle risorse a disposizione. 

A proposito di gestione delle risorse, balza all’occhio un dato: a Parigi 2024 sono stati ottenuti gli stessi risultati di Rio 2016 nonostante un maggiore dispiegamento di risorse federali, più del doppio (22,1 milioni in 3 anni, 7,4 a stagione).

Ambienti di lavoro quotidiano qualificati, atleti liberi di inserirsi in questi contesti e di sfruttarli al massimo, valorizzazione e supporto delle scelte e dei percorsi individuali: questo servirebbe per far crescere i triatleti italiani, questa sarebbe la destinazione corretta degli investimenti, ma la Federazione non ha promosso e messo in atto nulla di tutto ciò. Allora, dove sono finite tutte queste risorse?

Abbiamo ascoltato molti proclami sul bilancio e sulle entrate della FITRI che spesso somigliavano a un mantra, o meglio, a un disco rotto. Dati alla mano, non sono altro che l’ennesima dimostrazione di inefficienza della dirigenza che ha guidato la Federazione dal 2021 a oggi. In qualsiasi azienda, un manager che realizza lo stesso utile a fronte di un investimento doppio, sarebbe immediatamente sollevato dall’incarico. 

In queste ore, il presidente decaduto, in prorogatio per lo svolgimento dell’attività ordinaria, sta continuando a fare proclami da Parigi (stucchevole l’intervista rilasciata alla Rai pochi minuti prima della partenza della gara femminile, in cui parla ancora di federazione in crescita ed evita di parlare di risultati “per scaramanzia”) e sui social, ribadendo di come il suo mandato sia stato contraddistinto da visione, lavoro, competenza, programmazione. I numeri però dicono un’altra cosa, il campo gara, anche. Intanto, l’appuntamento con la storia è nuovamente rimandato.

Partecipazione alle gare italiane: una Caporetto su tutti i fronti

Settimana scorsa ho analizzato in maniera oggettiva il calo di tesserati.

Voglio, ora, fare un’ulteriore analisi e vedere nel dettaglio quanto questo calo influenzi l’andamento del nostro movimento.

Prima di iniziare, quanti sono i singoli tesserati atleti della Federazione Italiana Triathlon? Ecco la risposta:

AnnoAtletiVariazione % rispetto anno precedente
201518.507
201620.736+12,05%
201722.231+7,21%
201822.897+3%
201922.916+0,08%
202018.927-17,40%
202126.597+40,52%
202222.432-15,66%
202321.482-4,24%

Tralasciando i numeri del 2020, anno del COVID-19 durante il quale molti non hanno rinnovato il tesseramento per ovvie ragioni; il 2021, anno di insediamento di Riccardo Giubilei alla presidenza, poteva essere sfruttato decisamente meglio.

Nell’anno post COVID-19, infatti, tanti si sono avvicinati agli sport di Endurance/Outdoor, alcuni anche al triathlon. Tanto è vero che rispetto al 2019 si segnò un +16,06%. Un peccato, però, non siano stati fidelizzati e dal 2022 i numeri abbiano iniziato un’inesorabile discesa arrivata a certificare un calo di atleti del -6,26% rispetto al 2019, anno del record pre-covid e, addirittura, un calo di atleti del -19,23% rispetto al 2021, anno del record.

Questo, nonostante:

  • siano state messe in campo iniziative di incentivazione, soprattutto, a livello giovanile;
  • sia stata messa in piedi una campagna pubbli-promozionale a livello nazionale con il partner Suzuki;
  • siano state organizzate numerose gare internazionali (World Cup, World Triathlon Championship Series, Europe Triathlon Cup, Campionato Europeo Winter Triathlon, etc.)

Meno tesserati significa meno partecipazione alle gare?

Rispondo sempre con statistiche oggettive e non a sensazione:

Gli anni 2018 e 2019 praticamente si equivalgono, ma prendiamo a paragone il 2019 che è leggermente inferiore rispetto al 2018. Nel 2023 abbiamo avuto:

  • 61 gare in meno (-9,98%)
  • 12.181 atleti totali partiti in meno (-14,68%)
  • 14.815 atleti italiani partiti in meno (-19,01%)
  • 13 atleti partiti in media, in meno, a gara (-10,03%)

Gli atleti italiani tesserati hanno preso parte a 2,94 gare nel 2023, rispetto alle 3,40 nel 2019.

L’unico dato positivo è quello relativo agli stranieri che hanno scelto di gareggiare in Italia: 2.634 atleti partiti in più (+52,21%).

Analizziamo anche questi dati.

Nel 2023, rispetto al 2019:

  • 2.915 atleti in meno che hanno preso parte ad almeno 2 gare (-22,77%)
  • il 46,02% dei tesserati ha preso parte ad almeno 2 gare contro il 55,86% del 2019

Una Caporetto su tutti i fronti, mi viene da commentare.

A fronte di un calo di tesserati del -6,26% si assiste a una diminuzione del -19,01% di atleti italiani ai nastri di partenza. Sicuramente da rivedere tutto il settore gare e non solo. Certo è che l’attuale dirigenza non ha il polso della situazione e non si rende conto delle dinamiche in corso!

Di cosa ha bisogno la Federazione Italiana Triathlon?

Con il mio gruppo di lavoro, abbiamo aperto un tavolo di confronto da tempo dal quale sono scaturite molte idee che si sono trasformate in progetti che non vediamo l’ora di presentarvi anche se dovrete avere ancora pazienza.

Tutto sarà svelato a tempo debito in quanto non vogliamo dare ulteriori vantaggi a chi dirige oggi, rispetto a tutti quelli che già ha.

Numeri del Triathlon italiano da record. Siamo sicuri siano positivi?

Bentrovati e buon nuovo anno a tutti.

In attesa di conoscere se le votazioni per il nuovo consiglio federale avverranno entro la fine del 2024 o entro il 15 marzo 2025, riprendo a pubblicare una serie di approfondimenti per analizzare lo stato di salute del nostro sport.

Non voglio essere allarmista, ma ritengo che il nostro movimento stia peggio che mai dopo quasi 3 anni di dirigenza Giubilei che, non dimentichiamo, si candidò criticando fortemente la precedente gestione di cui è stato dapprima consigliere e successivamente vicepresidente vicario e della quale faceva parte l’attuale vicepresidente vicario.

Nonostante tutti i record sbandierati dal presidente in carica, mi auguro ci siano ancora persone che hanno a che fare con il mondo del triathlon che vedano la realtà e sappiano leggere alcuni importanti indicatori. Il primo riguarda il numero dei tesserati.

Tra le più grandi cose non rispondenti al vero dette da Giubilei c’è sicuramente quella relativa al numero di tesserati.

Sicuramente, risulta problematico comunicare di avere determinati numeri, pensare di averli e, in realtà, averne la metà.

Secondo l’articolo sottoriportato e pubblicato da Il Corriere dello Sport a inizio 2022: “Siamo a 35.000 tesserati e vorremmo arrivare a 40.000“.

Mentre per l’articolo apparso su La Gazzetta dello Sport a inizio 2023, il triathlon ha “30.000 tesserati, con un incremento del 12% ogni anno: 19.000 uomini, 11.000 donne, di cui 27.000 agonisti“.

Ricapitolando, secondo le info date alla stampa durante le interviste, a inizio 2022 nel database della Federazione Italiana Triathlon ci sono 35.000 tesserati e l’obiettivo è arrivare a 40.000. A inizio 2023 si è scesi a 30.000 nonostante si dichiari che ci sia un incremento del 12% annuo.

La triste realtà:

  • 27. 917 tesserati totali a fine 2021;
  • 23.790 tesserati totali, di cui 21.943 tesserati atleti a fine 2022;
  • 21.482 tesserati atleti a fine 2023.

Solo questi numeri, dopo 3 anni di governo, dovrebbero decretare il fallimento dell’attuale politica federale che sbandiera sin dall’inizio record e successi inesistenti.

A supporto di quanto sopra riportato una conferma:

poco prima di Natale, Sport e Salute ha dato il via libera alla ripartizione dei fondi statali al movimento sportivo italiano.

Nonostante:

  • ai 280 milioni di finanziamento ordinario se ne siano aggiunti 50 per effetto della Riforma Giorgetti che destina risorse incrementali fino al 32% delle entrate fiscali del settore,
  • il totale destinato alle 43 FSN sia di 280,3 mln con un +5,8% rispetto al preventivato,

la Federazione Italiana Triathlon è risultata essere:

  • tra le 9 FSN su 43 che hanno subito un taglio di contributo per il 2024 rispetto al 2023
  • la 2a ad aver ottenuto il più alto taglio in termini percentuali: -2,94%

Visti i criteri di assegnazione non si può che ribadire il fallimento dell’attuale politica federale che denota:

  • mancanza di visione a medio/lungo termine
  • assenza di programmazione in ogni settore vitale.

Nei prossimi giorni seguiranno ulteriori aggiornamenti.

Forza Azzurri, ma c’è poco da sorridere

Quante storie dietro a questa foto.

Il Direttore Tecnico belga Julien Clonen con gli atleti da lui “scelti” per la staffetta del Test Event di Parigi.

Sembrerebbe andar tutto bene, tutti sorridenti prima della partenza. Purtroppo così non è.

Anzitutto, finalmente!

È la prima volta che Clonen compare in una foto ufficiale a una competizione internazionale con gli atleti. Finora era stato quasi tenuto nascosto. A calcare le scene altre figure, praticamente onnipresenti. Qualcuno inizia a lavarsene le mani? Sarà lui il capro espiatorio di una gestione fallimentare?

Da quanto trapela sembrerebbe che il Direttore Tecnico abbia un semplice ruolo di facciata e che, ben retribuito, debba subire le decisioni impartite dal Direttore Sportivo Simone Biava e da alcuni tecnici ben visti dall’attuale presidenza. Sembrerebbe che queste pressioni, spesso, lo lascino in preda a crisi esistenziali perché, come si è ben potuto vedere in questi anni di gestione Giubilei/Biava, risultati di alto livello non ne sono arrivati, portando addirittura gli atleti a performare meno di quello che, almeno sulla carta, potrebbero.

Una domanda sorge spontanea, perché il Direttore Tecnico, più volte lamentatosi di questo, non tutela la sua immagine e scrive una lettera di dimissioni?

Per certo gli atleti di alto livello, quelli che dovrebbero essere le nostre punte di diamante, attraversano un periodo buio.

Alcuni di loro subiscono l’imposizione dell’allenatore, altri tagli di budget per le trasferte e per i raduni, quasi tutti trasferte organizzate male, tutti una programmazione carente e lacunosa venendo a conoscenza di convocazioni più o meno importanti a ridosso dell’evento senza poter condurre una preparazione adeguata e mirata.

Questo influisce negativamente sull’atleta che non è messo nelle migliori condizioni per poter essere sereno e performare, oltre a risultar essere una metodologia organizzativa arcaica.

Parlando di alto livello, una Federazione moderna ed efficiente è quella che permette realmente all’atleta di essere alla guida del proprio progetto tecnico. Questo faremo se saremo scelti alle prossime elezioni! Riteniamo che questa sia la base da cui partire per mettere i nostri atleti nelle migliori condizioni.

Sarà l’atleta di alto livello a proporre il proprio progetto, il proprio ambiente e gruppo di lavoro. Il progetto che dovrà essere condiviso con la Federazione, vedrà la stessa a supporto dell’atleta, senza imporre rigidi paletti che possano snaturarne l’essenza.

In un’epoca nella quale si parla di marginal gains, periodizzazione e tailorizzazione, il percorso non può che essere questo.

Inoltre, il tutto non può prescindere dal produrre regole chiare, semplici, giuste e meritocratiche per le convocazioni in Nazionale, siano convocazioni Elite o Giovanili.

Voglio chiudere con un appello agli atleti: spesso ringraziate questa Federazione sui social quando è la stessa Federazione che non vi aiuta, perché? Non abbiate paura, ci sono moltissimi dirigenti e tecnici che sono dalla vostra parte.

Fate sentire la vostra voce, cercate di porre fine a queste ingiustizie che vivete giornalmente. La vostra carriera è comunque limitata, ogni anno perso rappresenta per voi un’occasione che non si ripresenterà mai più: non potrete performare per 40 anni, non potrete giocarvi la qualifica Olimpica a 80 anni. Il momento di agire a vostra tutela è questo, anche perché il silenzio gioca a vostro sfavore.