Analisi dei risultati di Parigi 2024: appuntamento con la storia ancora rimandato

Anche questa volta, non abbiamo scritto la storia

Perdonateci questa semicitazione, ma analizzando i risultati dell’Italia del Triathlon ai Giochi Olimpici, è la prima conclusione che ci viene in mente.

Abbiamo seguito e incitato i nostri portacolori, da vicino o da casa, abbiamo fatto il tifo per loro in ogni modo e ci siamo anche goduti lo spettacolo che le due prove individuali di Parigi 2024 ci hanno regalato. 

Quando si assiste all’evento più importante del quadriennio, è sempre bello ed emozionante vedere il body azzurro nel gruppo, lo è ancora di più quando lo vediamo in testa, sebbene nelle fasi iniziali delle gare. Però un conto è essere tifosi, un conto è dirigere una federazione e avere la responsabilità dell’area tecnica che ha come missione quella di ottenere il miglior risultato possibile nelle gare di alto livello, in particolare ai Giochi Olimpici.

Ci siamo presi qualche ora, abbiamo smaltito l’adrenalina che ogni Olimpiade regala, e abbiamo compiuto un’analisi dettagliata dei risultati Olimpici dal 2000 a oggi.

Andiamo dritti al punto: i risultati ottenuti dalla Nazionale Italiana di Triathlon sono stagnanti. Ci sono stati due acuti che hanno portato ad altrettanti diplomi olimpici, il 5° posto di Nadia Cortassa ad Atene 2004 e il 7° posto di Alice Betto a Tokyo 2020, ma la media dei piazzamenti degli Azzurri è sempre stata, a grandi linee, equivalente.

Malgrado la narrazione degli ultimi mesi abbia identificato nella giovane età degli atleti uno dei tratti distintivi della nazionale italiana, i numeri danno altre risposte. L’età media degli italiani è di 29 anni (ci sono 11 nazioni che hanno portato almeno 3 atleti a Parigi che hanno un’età media inferiore, il Portogallo 25,2 anni): 2,5 anni in più rispetto ai vincitori (26,5 anni), 0,9 rispetto ai medagliati e alla top-8 (28,1). 

Rispetto a Tokyo 2020, la selezione italiana ha 0,8 anni in più. Tre anni fa c’erano già Pozzatti, Betto e Steinhauser, mentre Seregni e Crociani sono alla prima esperienza olimpica. I nostri due giovani, però, non lo sono in assoluto (ricordiamo che Uccellari fu il più giovane della start list di Londra 2012, 21 anni): Bianca è la sesta più giovane (5 ragazze nate più tardi di cui una 4 anni più tardi), Alessio è il secondo/terzo più giovane (pari merito con McCullough).

Anche sull’approccio dell’area tecnica attuale nei confronti del passaggio da gare junior a élite ci sarebbe ancora tanto da dire, ma ci limitiamo a ribadire che gli atleti élite italiani approdano ai massimi livelli delle competizioni internazionali più tardi rispetto ai coetanei di altre nazioni, in particolare rispetto a quelle di riferimento che non lesinano a schierare atleti poco più che ventenni nel massimo circuito mondiale (Knibb, Tertsch e Waugh, Vilaca, Hellwig, Lehmann, Thorn, Batista e Hidalgo, solo per citare qualche nome).

Se guardiamo al medagliere complessivo delle gare individuali (aggiornato a mercoledì 31 luglio) del triathlon alle Olimpiadi, notiamo come 16 nazioni abbiamo portato atleti sul podio. Tante? Poche? Un solo dato è incontrovertibile: l’Italia non fa parte di questo gruppo. Arrivare a primeggiare al termine di un quadriennio olimpico, fare risultato ai Giochi Olimpici, portare a casa una medaglia o un successo, sono processi complessi e macchinosi, che necessitano di una pianificazione ben definita non soltanto per il breve periodo e una gestione scrupolosa delle risorse a disposizione. 

A proposito di gestione delle risorse, balza all’occhio un dato: a Parigi 2024 sono stati ottenuti gli stessi risultati di Rio 2016 nonostante un maggiore dispiegamento di risorse federali, più del doppio (22,1 milioni in 3 anni, 7,4 a stagione).

Ambienti di lavoro quotidiano qualificati, atleti liberi di inserirsi in questi contesti e di sfruttarli al massimo, valorizzazione e supporto delle scelte e dei percorsi individuali: questo servirebbe per far crescere i triatleti italiani, questa sarebbe la destinazione corretta degli investimenti, ma la Federazione non ha promosso e messo in atto nulla di tutto ciò. Allora, dove sono finite tutte queste risorse?

Abbiamo ascoltato molti proclami sul bilancio e sulle entrate della FITRI che spesso somigliavano a un mantra, o meglio, a un disco rotto. Dati alla mano, non sono altro che l’ennesima dimostrazione di inefficienza della dirigenza che ha guidato la Federazione dal 2021 a oggi. In qualsiasi azienda, un manager che realizza lo stesso utile a fronte di un investimento doppio, sarebbe immediatamente sollevato dall’incarico. 

In queste ore, il presidente decaduto, in prorogatio per lo svolgimento dell’attività ordinaria, sta continuando a fare proclami da Parigi (stucchevole l’intervista rilasciata alla Rai pochi minuti prima della partenza della gara femminile, in cui parla ancora di federazione in crescita ed evita di parlare di risultati “per scaramanzia”) e sui social, ribadendo di come il suo mandato sia stato contraddistinto da visione, lavoro, competenza, programmazione. I numeri però dicono un’altra cosa, il campo gara, anche. Intanto, l’appuntamento con la storia è nuovamente rimandato.

Storia di un allenatore corretto, di valore e meritevole

Quasi due anni fa, un amico in comune mi dice: “Dovresti conoscere Fabio Rastelli, è una persona di gran valore dal punto di vista umano ed è veramente preparato dal punto di vista tecnico. Inoltre, ha subito qualche ingiustizia dall’attuale dirigenza federale insieme ad Angelica Olmo della quale è allenatore.”

Siccome di questo amico mi fido, decido di telefonare a Fabio e dopo qualche giorno ci incontriamo in un bar a Milano. Una chiacchierata di un paio d’ore, molto piacevole, interessante, interrotta solo dal fatto che Fabio doveva andare ad allenare.

Con Fabio è stato feeling dal primo momento. Con il tempo la nostra conoscenza si è approfondita, ci siamo incontrati e sentiti spesso. Insieme a Massimiliano Di Luca, ha dato molti spunti per il nostro Programma.

Quando ci siamo conosciuti, Fabio stava riprogrammando la propria vita. La Federazione Italiana Triathlon non gli aveva confermato l’ incarico. Ma questo, per lui non è stato un problema. Perché? Perché le persone di valore, meritevoli e corrette, prima o poi riescono a trovare il successo.

E qui, vi racconto la storia per come ho avuto modo di viverla.

Fabio ha accompagnato il percorso di Angelica Olmo ai Giochi Olimpici di Tokyo, un percorso bello, sporcato da due insidie: la prima, invisibile e all’epoca non ancora scoperta, vede Angelica affetta dalla Malattia di Lyme; la seconda, la presidenza appena insediata e il nuovo staff tecnico federale che fanno di tutto per distruggere umanamente uno dei più grandi talenti che il nostro movimento abbia mai avuto prima portandola a cambiare allenatore e, successivamente, a non confermarle più lo status di atleta Pro e portandola a non essere più confermata nel Gruppo Sportivo dei Carabinieri del quale faceva parte.

Angelica è una forza della natura, l’ho conosciuta giovanissima, ho avuto l’onore di coltivare la sua conoscenza e vederla diventare donna, una grande donna ora impegnata a sconfiggere la Malattia di Lyme e a supportare il suo compagno: Léo Bergère.

Il rapporto tra Fabio e Angelica è ottimo. Léo vuole vincere una medaglia Olimpica. È tra i migliori interpreti del momento, diventa Campione del Mondo. A un certo punto sa che per raggiungere l’obiettivo, a Parigi, in casa, deve fare un ulteriore salto di qualità. E qui, entra in gioco Angelica. Mette in contatto Léo e Fabio. Iniziano a collaborare, si piacciono. Si crea uno squad con atleti di alto livello e giovani di prospettiva. In poco più di un anno si raggiunge l’obiettivo. Léo a Parigi è medaglia di bronzo. Fabio è il primo italiano, in qualità di primo allenatore, a portare un atleta a vincere una medaglia olimpica.

E anche se lui è modesto e dice che: “L’allenatore non vince e non perde nulla. L’allenatore è uno ed è la figura che ha la responsabilità della pianificazione e gestione tecnica del processo di sviluppo dell’atleta”. I ringraziamenti e gli attestati di stima ricevuti dimostrano che l’allenatore è importante.

Congratulazioni Fabio, in bocca al lupo Angelica. Sono onorato di conoscervi e di avervi al mio fianco.

E naturalmente congratulazioni a Léo per aver realizzato un sogno.