Ricevo questo scritto da Maurizio De Benedetti, candidato consigliere quota tecnici, che voglio condividere insieme a voi.
“Gli atleti sono la parte bella di una qualsiasi organizzazione sportiva. I tecnici si occupano di loro e li proteggono come dei figli, insieme alle società e, quando sono fortunati, alle famiglie.
La cosa più triste per un tecnico e per il suo staff è che l’atleta lo lasci per provare a crescere altrove.
L’atleta, la parte bella dello sport!
Come non essere contenti quando i risultati arrivano e, più ancora, quando sono prestigiosi.
Ma i nostri migliori atleti fuggono ad allenarsi all’estero. A loro spese. Perché?
L’attuale dirigenza, insieme all’area tecnica, ha fatto di tutto per tenerli sotto la propria ala, per poi arrendersi all’evidenza dei fatti. Così i campioni si allenano negli squad all’estero. Il peso grava, così, sulle società di appartenenza, sugli stipendi degli atleti e sulle famiglie, artefici dei loro successi con l’impegno economico investito.
Le richieste verso la Federazione di questi splendidi atleti sistematicamente ignorate, anzi, ostacolate in tutti i modi.
La cosa che stride e davvero fa arrabbiare è che quando questi stessi atleti fanno risultato internazionale la “federazione social” li applaude come fosse farina del proprio sacco.
Perché, invece, non ci spiega i motivi di queste fughe? Sarebbe come ammettere la scarsa lungimiranza sui reali bisogni di un atleta di alto livello. A chi chiedeva, è stato risposto che la Federazione non è un bancomat. E allora, a cosa servono i soldi se non a far crescere agonisticamente un atleta, il proprio staff di lavoro e il movimento intero?
Facile millantare meriti non propri, ma la politica del massimo risultato con il minimo sforzo prima o poi implode.
Ora, presidente, se la giochi come al solito da vittima, da quello che viene attaccato senza ragione, vittima dei dimissionari, vittima degli attacchi sconsiderati dell’opposizione. Una sorta di “a mia insaputa“, il più classico del peggiore stile italiano. Un modus operandi di cui davvero non ne sentiamo più il bisogno.”