Il silenzio assordante del presidente, tra sogni infranti e dignità calpestata

Le Olimpiadi sono il sogno a cui aspira ognuno di noi, sono per pochi, sono l’evento sportivo più partecipato e sentito di un quadriennio. L’evento che si basa sullo spirito decoubertiniano e sulla Carta Olimpica che, a cascata, è il faro di quanto dirigenti, tecnici e tutte le figure dello sport dovrebbero trasmettere ai giovani, gli atleti del futuro.

A fine 2023, la Federazione Italiana Triathlon aveva 9 Probabili Olimpici, scesi a 8 per l’infortunio di Strada, per 4 potenziali posti Olimpici. A fine maggio, grazie a una rimonta epica di Ilaria Zane, la Federazione si è trovata con 8 PO per 5 posti Olimpici. Posti assegnati alla Nazione e non nominativi.

Potremmo discutere giorni sul fatto che i criteri di qualifica della World Triathlon siano migliorabili ma, al momento, non spetta a noi farlo. Non vogliamo entrare nel merito delle scelte tecniche che hanno portare a convocare un atleta piuttosto che un altro. Possiamo, invece, criticare le modalità con cui sono stati scelti gli atleti italiani in quanto giovedì è successo qualcosa di inaudito: è stato calpestato il concetto di dignità.

Le recenti convocazioni costituiscono una grave mancanza di rispetto del vertice federale nei confronti degli atleti e di tutto il movimento. È doveroso e urgente, quindi, rimarcare la violazione dei più basilari principi etici che dovrebbero ispirare la guida di un gruppo di sportivi.

I nostri PO hanno scoperto le convocazioni e le non convocazioni tramite Instagram, dopo un consiglio federale riunito alle 19.00 dopo oltre 3 ore di discussioni al termine delle quali i consiglieri federali hanno dovuto prendere atto (non hanno potuto votare) di quanto deciso dal Comitato Tecnico di Selezione composto da Julien Clonen (Direttore Tecnico), Simone Biava (Direttore Sportivo), Andrea Gabba (Coordinatore del Progetto Sviluppo) e avvallate dal Presidente Riccardo Giubilei che, come recita l’articolo 24.01 dello Statuto Federale è, tra l’altro, responsabile generale dell’area Tecnico-Sportiva.

I non convocati sono stati liquidati in pochi minuti con motivazioni campate per aria perché seppur tutti ad alti livelli è difficile giustificare l’esclusione del nostro miglior atleta maschile e dell’atleta che ha salvato dal fallimento l’attuale gestione portandola ad eguagliare il record di partecipazione di Tokyo 2020 ottenuto sotto la Presidenza Bianchi.

Concentriamoci, ora, su un punto: la visione non è stata mai condivisa con chiarezza con gli atleti chiamati a realizzarla e tantomeno col movimento. E questo è inaccettabile!

La grande amarezza espressa dagli atleti esclusi dimostra che avevano nutrito una sana e legittima aspirazione a partecipare alle Olimpiadi e che tale aspirazione non sia mai stata messa in discussione dai loro referenti federali durante il percorso. Donne e uomini che hanno orientato scelte, lavoro e vita sull’obiettivo che gli è stato offerto sono stati illusi e defraudati. È la riproposizione, se possibile peggiorata, di quanto accaduto tre anni fa in vista delle Olimpiadi di Tokyo: segno evidente che si tratta di un preciso modus operandi e non di uno scivolone occasionale. Il vertice è lo stesso. È possibile, quindi, inquadrare con precisione il responsabile di tale decisione nel presidente federale.

E non serve a niente sparire dai comunicati ufficiali, nascondersi in un silenzio assordante, cercare di scaricare la responsabilità sui propri collaboratori. La gestione di organizzazioni complesse e una leadership autorevole non si improvvisano: si parla con gli atleti in tempo utile, si ottiene il loro commitment con fair play e riconoscendo il giusto valore del loro impegno. Evidentemente si tratta di concetti al di fuori dell’abecedario dell’attuale vertice federale.

Importante è anche valutare la reazione di forte disaccordo arrivata dalla base del movimento. Poiché non era mai stata comunicata una strategia diversa da quella più ovvia (portare i migliori dimostratisi con i risultati sul campo), la decisione non è stata in alcun modo capita ed è stata invece generalmente vissuta come quello che, in fondo, è: un vile sgambetto nei confronti di due atleti generosi e di qualità, sacrificati sull’altare di possibili motivazioni di natura politica. Questo è tutto ciò che lo sport non deve essere, e così si spiega lo sdegno provocato a ogni livello nel movimento.

Non è più possibile fare finta di niente, e continuare ad avallare una gestione che ha al suo attivo il calo dei tesserati, il crollo dei partecipanti alle gare, la diminuzione dei contributi di Sport&Salute, l’insoddisfazione degli atleti e lo scollamento della base. Gli eventi delle ultime ore confermano l’inadeguatezza dell’attuale vertice federale e la necessità di una nuova leadership che riporti il movimento in una prospettiva di crescita e rispetto reciproco, che valorizzi i VERI interpreti: atleti, società, tecnici, organizzatori.

Dalla base è partita una rivolta difficile da sopprimere. Tutti dobbiamo sentirci defraudati della dignità per le modalità utilizzate in quest’occasione e non solo. Mi auguro che, finalmente, i Consiglieri Federali si siano accorti chi è realmente il presidente e che lo stesso venga esautorato e destituito attraverso le dimissioni di massa.

Tra pochi mesi ci saranno le elezioni per eleggere il nuovo Consiglio Federale, ed è un’opportunità che non possiamo mancare per passare dall’attuale struttura lenta, intimidatoria e panciuta a una federazione snella, trasparente, decentrata sia nell’organizzazione che nelle risorse. Che sia guidata, finalmente, da donne e uomini con competenze e passione a cui poter affidare lo sviluppo dei giovani atleti del futuro, con la certezza che i loro sogni non vengano distrutti da decisioni politiche prese da oscuri boiardi assetati di potere.

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